giovedì 28 novembre 2019

Laboratorio 2 . Amò, filiamo dalla discoteca, ho visto mà e pà, di Margiotta e Rossi


Con il termine adultescenza si intende lo stile di vita di chi, ormai entrato nell’età adulta continua ad avere un comportamento non “adeguato” alla propria età e al proprio ruolo, nel nostro caso al ruolo genitoriale. A parer mio, parere supportato da studi, letture pedagogiche e lavoro sul campo, l’adultescenza è una condizione che ha come origine i necessari e mancati passaggi personali dei tre livelli bio-psico-sociali. L’adolescente infatti  per passare ad un’età adulta ha bisogno di armonizzare e integrare i tre livelli di trasformazione personale: quello biologico, quello psicologico e quello sociale. La mancata elaborazione e integrazione di questi tre livelli e la mancata esperienza di trasformazione individuale all’interno della propria comunità sociale, necessaria per vivere l’età adulta, nega il cambiamento e non favorisce i comportamenti adeguati e congrui all’età che si vive.
L’integrazione dell’aspetto razionale va necessariamente coniugato con quello biologico e affettivo per vivere il passaggio in modo consapevole e soddisfacente. Soma, psiche e polis, forniscono la materia con cui ogni uomo costruisce la sua vita. La consapevolezza delle dinamiche biologiche, psicologiche e sociali, costituiscono la base di ogni serio lavoro educativo che prevede un lavoro di cooperazione in tutti i contesti e con tutte le figure di riferimento adulte, perché la condotta umana è da leggere sempre in funzione della persona e dell’ambiente che ci circonda. I processi di maturazione e apprendimento danno luogo a continui mutamenti che sono il risultato della fusione di fattori personali e fattori ambientali.
 E’ evidente che lo scenario economico, politico, sociale (famiglia, scuola, istituzioni…) non ha facilitato né garantito un’integrazione armonica dei tre livelli, al contrario li ha minati e osteggiati proponendo sempre stimoli fondati sull’immediatezza del successo identificata in una fittizia soggettività e visibilità. Visibilità che i ragazzi e gli adultescenti oggi ricercano attraverso l’uso spasmodico di tutti i possibili media.Il loro utilizzo è irrinunciabile perché attraverso questo le persone si sentono forti e uniche, vivendo l’ingannevole e fuorviante realizzazione della loro creatività. L’uso degli strumenti digitali favorisce certamente il vissuto emotivo, ma allontana dai legami sentimentali che hanno bisogno di tempo, di cura, di amore e di vicinanza. Ciascuno di noi ha bisogno e desiderio di incontrare l’altro per essere riconosciuto e per riconoscerlo nella sua differenza reale, non per costringerlo al proprio potere, cosa che spesso avviene in maniera subdola all’interno di gruppi che interagiscono sui social.

 Non è assolutamente mia intenzione demonizzare l’uso degli strumenti tecnologici, di cui riconosco utilità e necessità, voglio solo esprimere una visione della persona che non può pienamente realizzarsi nella sfera dei concetti o dell’interazione virtuale. Noi siamo e dobbiamo rimanere “persone”. La nostra” parte “ e il nostro impegno consiste nel far risuonare la viva parola umana nel mondo che si fa sempre più astratto. L’individuo reclama la propria soggettività e unicità, e per realizzarla ha bisogno di scambi autentici, di figure autorevoli, di genitori e insegnanti che lascino andare la loro adolescenza e indossino finalmente il vestito dell’adulto, correndo il “rischio bellissimo” di essere esempio e guida.     P.M.

           CASO LABORATORIO GENITORI-FIGLI   

                                                           (ADULTESCENZA) 

Circa un anno fa è arrivata in consultorio, al servizio GES ( genitori oltre la separazione) una coppia di genitori separati. La coppia è formata da Mirko, anni 45, ed Erica anni 40. La loro richiesta, anche espressa in modo confuso, è di essere aiutati a risolvere e gestire al meglio una situazione che si è venuta a creare con la loro figlia Ambra di 18 anni appena compiuti.
In realtà è proprio Ambra ad invitare i genitori a rivolgersi ad un consulente familiare perché lei stessa da circa tre mesi sta facendo una consulenza personale.
Mirko e Ambra raccontano la loro storia. Si sono sposati all’età di 26 anni lui e di 21 lei che aspettava già la bambina. Il loro benessere matrimoniale è durato circa 12-13 anni, poi tutti e due a detta di entrambi hanno cominciato a sentire “stretto” e “limitante” il loro rapporto, soprattutto quando Erica ha raggiunto una sua autonomia personale, trovando lavoro come educatrice in un asilo nido. La separazione che ne è seguita non è stata eccessivamente conflittuale, anche se ci sono stati momenti di forte tensione quando Erica ha scoperto di una breve relazione avuta dal marito due anni prima con una sua vecchia amica. Di comune accordo hanno deciso di mettere fine al loro rapporto di convivenza, ma altro motivo di dissenso della moglie è stata la decisione di Ambra, di circa 12 anni, di voler continuare a vivere con il papà nella casa della nonna paterna, dove si sarebbero trasferiti dopo la separazione. Ambra era molto legata al papà e alla nonna.
Questa decisione ha fatto soffrire Erica. Tuttavia dopo vari tentativi, andati male, di convincere la figlia a trasferirsi con lei ha lasciato che Ambra vivesse con il padre. Tutti e due i genitori hanno rispettato per un buon periodo il provvedimento dell’affido congiunto stabilito dal tribunale dei minori. Le cose fra alti e bassi sono andate abbastanza bene, fino alla morte della nonna paterna avvenuta circa tre anni dopo e della quale Ambra ha sofferto molto. La ragazza per qualche tempo si è trasferita dalla mamma (3 mesi), per ritornare poi con il papà al quale riconosce maggiore gioiosità e tolleranza, e dove inoltre fruisce di un beneficio economico che le consente di vivere in maniera agiata grazie alla piccola azienda di cui il padre è titolare.
Ambra esce spesso con le sue amiche e non ha da parte del papà grandi restrizioni di tempo né divieti particolari. La mamma di questo ne è al corrente ma non è d’accordo e ci sono quindi continue liti fra i tre. Ambra contesta alla mamma che lei si è rifatta una vita con un compagno che non le piace, trasferendosi addirittura in un’altra cittadina allontanandosi da lei. Secondo la narrazione della coppia l’episodio scatenante in tutti i sensi avviene in una sera di sabato quando Ambra, da poco diciottenne, dice al padre che andrà in discoteca e chiede di essere ripresa da questo verso le 2.30 (né lei né le sue amiche hanno la patente). A tale richiesta il padre “s’infuria” (narrazione della mamma davanti al padre che non nega) dicendo che alle 2.30 è troppo presto “e che tu mi vuoi rovinare la serata con i miei amici? Ti vengo a prendere alla 5.00”. La ragazza si impunta dicendo che le sue amiche devono andare via al massimo a quell’ora e che nessuno le può andare a prendere. Inizia così una discussione con il padre il quale arrabbiato le urla di chiamare la madre. Ambra chiude la discussione in maniera brusca. La sera chiama la mamma che non le risponde al cellulare. Solo dopo molto tempo richiama la figlia per sentire cosa voleva e, alla richiesta di Ambra di essere ripresa in discoteca le risponde in maniera asciutta che lei ha una festa di compleanno di una sua cara amica e non può andare a prenderla. Ambra si arrabbia molto, chiude il telefono, e la serata finisce che lei e le sue amiche aspettano le 5.30 del mattino, momento in cui Mirko va a prendere la figlia in discoteca. La ragazza nei giorni seguenti è confusa e arrabbiata con tutti e due i genitori, che a loro volta litigano fra loro rivendicando diritti e doveri di ognuno. Dopo un periodo di tensione durato qualche mese Ambra si trasferisce a Roma da una sua amica e inizia a lavorare in un locale. Intanto conosce il consultorio “La famiglia” di Roma al quale si rivolge per una consulenza, e dopo poco invita i suoi genitori ad andare anch’essi in consulenza da un’altra consulente (credo su suggerimento della consulente della ragazza).
I due accettano (soprattutto con l’idea di riportare la ragazza a casa) e si presentano in consulenza con una richiesta confusa e senza nessun obiettivo preciso da raggiungere. Vogliono solo sapere dalla consulente chi ha ragione. Ognuno dei due nel proprio narrare inveisce contro l’altro accusandosi reciprocamente di essere incoscienti e di comportarsi in modo irresponsabile e poco rispettoso verso le esigenze dell’altro, ma non parlano mai del benessere di Ambra.

                                    IPOTESI DI CONSULENZA (SINTESI)

Ascolto attivo – Imparare ad ascoltarsi e capire i bisogni dell’altro
Identificare un obiettivo comune che comprenda anche il bene di Ambra
Identificare con quale stadio del GAB (Genitore-Adulto-Bambino) parlano e interagiscono
Capire in quale fase della vita sono bloccati e quale livello Bio-Psico-Sociale non hanno elaborato, superato e integrato
Lavorare su una genitorialità positiva agita sul recupero della loro parte adulta
Invio di entrambi ad una consulenza personale per facilitare e abbreviare i tempi di lavoro nella consulenza di coppia
Continuare nel servizio GES a lavorare e monitorare la loro coppia genitoriale.



CASO LABORATORIO GENITORI FIGLI (RAFFAELLO)

Coppia si presenta al Centro di consulenza dichiarando problemi di comunicazione.
Pietro, 39 anni, è rappresentante di una ditta dolciaria e Laura, 46, impiegata.
Hanno due figli: Mirco di 17 anni e Monica, di 15.
Laura sostiene che Pietro si disinteressa ai figli e non segue la loro vita, in particolare sulle chat, ragione per cui non è informato dei loro bisogni e dei loro impegni, scolastici, sportivi e di altro tipo.
Torna tardi dal lavoro e si chiude in camera a giocare col pc. A laura sembra di avere 3 figli e non due.
Pietro afferma di rifugiarsi nei giochi col pc per sgombrare la testa dopo le tensioni del lavoro, e di rimanere lì in quanto è stanco ed esasperato dalla dipendenza da whatsapp della moglie che è sempre connessa e in inutili chiacchiere e pettegolezzi. Ritiene che le chat siano inutili e che montino problemi inesistenti. Secondo lui la moglie sembra a sua volta una adolescente e chatta con le amiche della figlia e con i genitori dei compagni di scuola del figlio in continuazione, volendo poi commentare tutte quelle sciocchezze quando potrebbero stare in pace insieme, a tavola, la sera, o quando uscivano (ragione per cui lui ha smesso di fare uscite con la moglie, affermando che tanto lei stava tutto il tempo a consultare il cellulare e gli rispondeva a mono sillabi).
Il focus che portano, come effetto dei loro problemi comunicativi, è l’inaspettata bocciatura del figlio.
Il padre si è molto arrabbiato, la madre, dopo una consultazione via chat con altri genitori, ha affermato di voler fare ricorso in quanto il figlio è stato bersaglio di ingiustizie da parte di alcuni professori.
Il padre si è detto contrario e vorrebbe mandare il figlio a lavorare per un anno, così capisce cosa vuol dire fare fatica e si prende le sue responsabilità
Il figlio chiede di essere sentito e racconta piangendo che ai genitori non frega niente di lui, che pensano solo a se stessi: papà al lavoro, allo sport e ai giochi col pc; la mamma si impiccia troppo, ma sempre di cose sbagliate. Ha voluto che non fosse più amico di un suo compagno in quanto lei aveva litigato con la madre del compagno via chat e l’aveva “cancellata”. Quando sono andati in gita con la scuola la mamma è venuta, ma sembrava più alunna lei degli alunni: rideva e scherzava con altre due mamme e hanno fatto le sciocche tutto il tempo, senza aiutare…
Il padre risponde che lui fatica tante ore e permette un buon tenore di vita alla famiglia, che quindi è normale che sia stanco e che nei giochi al pc o nell’andare in palestra non vede nulla di male, non tolgono nulla ai figli. La mamma afferma che il rispetto è importante e che quella mamma le aveva mancato di rispetto mettendo in giro pettegolezzi su di lei via chat e che era giusto tagliare i rapporti con tutta la famiglia. Sulla gita dice che era un momento di svago anche per lei, non solo per i figli, quindi era giusto che la prendesse con leggerezza e che pensasse a divertirsi, essendo una bella occasione per stare con le due amiche (“oh, ma esisto anche io, eh! Non è che devo annullarmi per voi!”)


RIFLESSIONI DLE GRUPPO SUL CASO:

Possibili aree di lavoro in consulenza e modalità di approccio