giovedì 5 dicembre 2019

LE RELAZIONI AL TEMPO DEI SOCIAL



LE RELAZIONI AL TEMPO DEI SOCIAL.

L'INFORMAZIONE E' TUTTO
L'INFORMAZIONE SA TUTTO
L'UOMO E' DIVENTATO UNA FONTE DI INFORMAZIONI


giovedì 28 novembre 2019

LE NUOVE RELAZIONI FAMILIARI NELL'ERA DEL DIGITALE. DI FRANCESCO BELLETTI

Nel corso degli ultimi decenni si è realizzata una profonda rivoluzione antropologica. Le tecnologie della comunicazione digitale trasformano le relazioni fra le persone, mediandole sempre più con vere e proprie protesi tecnologiche, e con ciò facilitano i cambiamenti di identità e di comportamento (verso il cyborg?). Questa rivoluzione tecnologica, investendo gli individui, influisce necessariamente anche su ciò che designiamo come famiglia. Il concetto di famiglia, e tutti i suoi simboli (la coppia, le relazioni generazionali, le identità sessuali), diventano le prime cavie di un crescente disorientamento/entropia culturale. Nella famiglia di oggi il calore delle relazioni corporee, faccia-a-faccia, si mescola sempre più con le comunicazioni che avvengono con lo smartphone o attraverso Internet. Questo processo si sta sviluppando con un tumultuosa rapidità, che rende estremamente complesso l’adattamento all’innovazione da parte della generalità delle persone.
Non è la prima volta, nella storia dell’umanità, che avvengono rivoluzioni tecnologiche che stravolgono la vita quotidiana, l’organizzazione sociale ed economica, lo stesso assetto politico di intere regioni del globo. […] Nei secoli scorsi la penetrazione di queste innovazioni è stata lenta, graduale, e permetteva un progressivo adattamento, “di generazione in generazione”, consentendo alle persone di “imparare la novità”, all’interno dei tradizionali processi di formazione al lavoro, ai valori, agli stili di vita, che avevano nella trasmissione intergenerazionale e nella valorizzazione dell’esperienza un punto di forza irrinunciabile, in famiglia, nei laboratori artigiani, nei luoghi preposti alla formazione.
La rivoluzione digitale ha dato invece una velocità di cambiamento mai riscontrata prima, cambiando i tempi e le modalità di interazione sociale, le regole nelle relazioni interpersonali, le fonti di apprendimento (e di arricchimento!), le sfide per la politica.
Quindi oggi dobbiamo affrontare una rivoluzione, quella digitale, che ha due speciali caratteristiche che la rendono una sfida particolarmente complessa e nuova:
-               la rapidità del cambiamento, anzi, dei cambiamenti, che oggi sono tutt’altro che conclusi,
-              e la potenza con cui il digitale può modificare – e di fatto ha già modificato – la vita quotidiana di ogni persona, e la qualità stessa delle relazioni interpersonali, ad ogni livello, dagli affetti primari (relazioni affettive, famiglia, amici) fine alle relazioni più sociali, con le istituzioni (non solo avere certificati a casa propria, ma anche poter addirittura “votare on line” per le elezioni politiche).


Le sfide del digitale per le relazioni familiari
Si tratta quindi di una rivoluzione che investe la famiglia in modo diretto,  potente, senza vie di fuga, ed è proprio questo il motivo che spiega il titolo del Nuovo Rapporto Cisf 2017: “Le relazioni familiari nell’era delle reti digitali”, che si pone una domanda semplice ma decisiva: “le tecnologie digitali di comunicazione rafforzano o indeboliscono le famiglie?”
Per rispondere a questo interrogativo è stata realizzata un’approfondita indagine empirica (3.708 interviste su un campione statisticamente rappresentativo delle famiglie italiane).

Le famiglie “ibride”: tra relazioni faccia-a-faccia e connessioni digitali
Dal Rapporto Cisf 2017 emergono profonde differenziazioni tra le famiglie italiane, e una complessiva tendenza a mescolare i contatti diretti, faccia-a-faccia, lo stare insieme, con relazioni e connessioni allacciate tramite i vari media e strumenti digitali, in quello che potremmo definire un processo di “ibridazione delle relazioni familiari”. Sembra quindi superata la dualistica contrapposizione tra “mondo reale” e “virtuale”, e occorre invece comprendere quella che è una vera e propria nuova “realtà delle relazioni familiari”, ormai inestricabilmente mescolate di relazioni corporee, fisicamente tangibili in precise dimensioni di spazi e di tempi condivisi, e di connessioni e relazioni digitali. In particolare sono emersi quattro distinti livelli di progressiva mescolanza-ibridazione:
1) famiglie marginali e/o escluse (il 28,6% del campione);
2) famiglie  mature moderatamente in rete (13,4%):
3) famiglie più giovani decisamente in rete (23,8%):
4) single giovani e coppie di giovani (gli “ibridati” veri e propri, 34,2%).


Questo processo non appare necessariamente negativo. La famiglia “ibridata” non è né buona né cattiva; anzi, dai dati dell’indagine emerge che l’ibridazione delle relazioni interpersonali con la rete sembra avere più effetti positivi che negativi a riguardo di quasi tutti gli indicatori della coesione familiare, e in parte anche rispetto alla partecipazione civica nella sfera pubblica. D’altro canto questa ibridazione propone una forma diversa di relazionalità, che non sempre rafforza i legami tra i membri della famiglia. In effetti essere costantemente connessi non sempre significa “essere in relazione”. Non serve quindi schierarsi nell’ennesimo scontro tra tradizionalisti e innovatori, o tra apocalittici ed integrati, quanto piuttosto riconoscere le potenzialità, leggere le diverse traiettorie dei diversi gruppi sociali e delle diverse famiglie, e discernere con attenzione rischi e possibilità.

 La sfida educativa del digitale in famiglia
Anche le strategie educative nei confronti dei figli sono molto differenziate, e tratteggiano una responsabilità genitoriale molto eclettica e flessibile, che naviga a vista, e di volta in volta può orientarsi al concedere ampi spazi di libertà, oppure supervisionare con discrezione, tentando di porre qualche limite. Gli interventi limitativi però sono meno frequenti, probabilmente a causa di modelli educativi genitoriali più permissivi, e insieme perché i genitori si sentono meno competenti dei propri figli, e hanno meno fiducia nell’uso della tecnologia come strumento per governare e orientare l’agire tecnologico dei propri figli.

Se guardiamo alle consapevolezze della famiglia in tema di media digitali e sociali, si registra una situazione curiosamente contraddittoria: a fronte di una percezione molto forte del rischio educativo legato ai “nuovi media”, i genitori non sembrano in grado di attuare adeguati comportamenti di presidio educativo.  Quindi è difficile che una famiglia capace di fare “mediazione attiva”, ovvero che presenti un’elevata consapevolezza educativa, sia anche una famiglia in cui i livelli di controllo sono alti.
Emergono comunque due dati preoccupanti in questo panorama:
-uno relativo ad oltre il 30% di famiglie con figli minori che “non fa nessuna azione di accompagnamento alle attività sul web dei propri figli”: genitori, cioè, che essenzialmente rimangono “fuori” da questo ampio spazio di vita – digitale, ma non per questo meno “reale” -  dei propri figli.
- l’altro che i genitori si dimostrano più abili dei figli nell’uso delle tecnologie social, in rapporto all’indice di capitale culturale della famiglia, fino al 25% dei casi.
In questo intreccio di relazioni il digitale pare più un complice che un alleato, quando l’adultità non matura e rimane nella fase di  “adultescenza”.
Come affrontare quindi questa turbolenta ed incessante rivoluzione?
Davanti a questo scenario, è possibile tratteggiare alcune possibili indicazioni operative, o strategie di fronteggiamento.



La tipologia così elaborata individua sei profili (vedi figura 1 - si rimanda al capitolo curato da Pier Cesare Rivoltella):
1)    la famiglia restrittiva, caratterizzata da un livello alto di controllo (i genitori controllano le e-mail ricevute dal figlio, lo costringono a navigare in casa, verificano sul diario di navigazione quali siti abbia visitato) e da un basso livello di educazione;
2)    essa può diventare anche famiglia luddista, scegliendo per l’”opzione zero”, eliminando i media dall’universo familiare e procrastinando sine die il momento dell’acquisto del primo device ai figli;
3)    la famiglia permissiva è il caso opposto rispetto a quello della famiglia restrittiva: essa è caratterizzata da un livello basso di educazione, come la precedente, ma anche da un basso livello di controllo (i genitori lasciano fare, non si pongono il problema). 
4)    la famiglia permissiva può diventare famiglia lassista, che non vede come i media digitali e sociali rappresentino un problema educativo, lascia fare, è convinta che comunque i propri figli siano sufficientemente attrezzati per cavarsela;
5)    la famiglia affettiva controlla poco, ma presenta un alto livello di presenza educativa, di tipo “orizzontale” (non prescrittiva, quasi-amicale) che si manifesta attraverso l’aiuto costante nei confronti del figlio, la condivisione del consumo, la forte convivialità;
6)    L’ultima variante è la famiglia media-attiva, fortemente presente nel lavoro di mediazione delle pratiche mediali dei figli, ma molto più attenta (rispetto a quella affettiva) alle pratiche dei figli, soprattutto alla loro elaborazione nella direzione dell’empowerment e dello sviluppo del pensiero critico.





1.    Come affrontare questa turbolenta ed incessante rivoluzione?

Davanti a questo scenario, è possibile tratteggiare alcune possibili indicazioni operative, o strategie di fronteggiamento, senza la pretesa di fornire ricette o soluzioni a prova di bomba, ma con l’obiettivo di aiutare ogni persona ad affrontare (coping) in modo pro-positivo la sfida del cambiamento che questa rivoluzione pone a tutti.

Integrare, non sostituire:

Colorare di relazioni il mondo digitale:

La responsabilità di una libertà in azione:

Negoziare, più che proibire:

Il valore della dieta:

Per i molto piccoli: a piccole dosi, e accompagnati:

Farsi compagnia tra famiglie:

Informarsi, imparare, discernere, e soprattutto non arrendersi:




Integrare, non sostituire: un primo criterio è giocare in modo positivo l’ibridazione, considerando come una risorsa questa contaminazione di linguaggi, strumenti, ambiti relazionali. Serve quindi, prima di tutto, integrare, e non sostituire, l’esperienza faccia-a-faccia e quella digitale, non sostituirla. Il digitale, i social, la Rete, gli smartphone sono risorse preziose se potenziano e rinforzano una trama di relazioni interpersonali dirette; se invece pretendono di sostituirle, costruendo nuovi mondi solo digitali (e qui sì solo “virtuali”), allora il digitale rischia di illudere (avere tanti “amici” su Facebook non è la stessa cosa che avere tanti amici con cui andare a bere una birra!).

Colorare di relazioni il mondo digitale: altro criterio di coping positivo è riuscire a vincere il rischio dell’isolamento, dell’autoreferenzialità, dell’esclusione sociale, sia come ritiro sociale (in Giappone l’hanno chiamato “hikkikomori”), per cui per lunghi giorni non esci dalla tua stanza, resti incollato al pc, non hai altri svaghi o persone con cui parlare, quasi ti dimentichi di mangiare…, sia come “recinto chiuso” sulla Rete, per cui se sei appassionato di quel videogioco, incontrerai e conoscerai solo chi ha la stessa tua passione (eppure il mondo – ma anche la Rete – è così grande…).

La responsabilità di una libertà in azione: nelle relazioni educative genitori-figli non serve affidarsi solo a divieti o regole rigide (a volte peraltro utili e necessarie, se per esempio un figlio passa al videogioco sei ore al giorno sette giorni a settimana…). È  invece necessario pensare sempre che la vera sfida è educare la responsabilità di una libertà in azione. Gli smartphone sono in mano ai figli 24 ore su 24, non si può semplicemente spegnerli. E spesso i figli sono più saggi degli adulti (e di quanto i genitori si aspettano), di fronte a questi strumenti; a volte basta ricordare loro che sono responsabili di quello che fanno e delle sue conseguenze, anche rispetto alle altre persone (ad esempio postare su Facebook una foto buffa o imbarazzante di un tuo compagno di classe che conseguenze ha e avrà per lui? E fino a quando questa foto resterà memorizzata, accessibile a chiunque? Pensaci, prima di farlo!).

Negoziare, più che proibire: se sono la libertà e la responsabilità della persona ad essere in gioco, è quindi opportuno che la famiglia più che a regole e divieti prefissati, opti per soluzioni negoziali del problema, le più efficaci. Negoziare le regole non significa “scendere a patti” con i figli, né retrocedere rispetto a degli standard più esigenti, ma costruire con loro in maniera collaborativa un sistema di criteri che sia ritenuto adeguato – e realistico - da entrambe le parti.

Il valore della dieta: per molti stili di vita, e anche per l’esposizione al mondo digitale, un po’ di dieta fa sicuramente bene”.  Avere spazi e tempi in cui si dice con forza “adesso no!” consente infatti di capire meglio il valore e la potenza di questi strumenti. Spegnere i cellulari quando si pranza o si cena insieme (o almeno non rispondere subito agli sms) è un piccolo sacrificio, che si può chiedere anche con decisione, perché consente di far capire che “si può vivere anche senza essere connessi al web”. Ma ovviamente questo tempo “non connesso” va riempito di comunicazione, di contenuti, di relazioni,  di affetti. Deve essere più bello del videogioco… E, soprattutto, se lo si chiede ai propri figli, devono essere i genitori per primi a lasciare il cellulare spento, con rigore e coerenza: perché l’educazione in famiglia è più una questione di occhi che una questione di orecchie: i figli imparano molto di più da come vivono i genitori, da quello che fanno (e che i figli vedono), che non dalle parole (troppo spesso “prediche”) che vengono dette. E magari anche una giornata o un week end intero senza connessioni digitali potrebbe aiutare a riscoprire la bellezza dei contatti faccia-a-faccia o il valore di una gita in montagna, senza ricevere notifiche e senza obbligo di foto da postare.

Per i molto piccoli: a piccole dosi, e accompagnati: sempre in tema di dieta, un’attenzione speciale è necessaria per i bambini molto piccoli, che sono sorprendentemente capaci di muoversi negli innovativi processi intuitivi e non verbali dei nuovi strumenti, ma proprio per questo sono ancora più esposti (e fragili) a condizionamenti e a rischi rispetto ai processi di apprendimento, ai contenuti accessibili, all’estraniamento in un mondo pieno di colori, di suoni, di immagini, di promesse. Questo esige attenzione estrema sia all’uso autonomo degli schermi, sia rispetto al tempo di esposizione, sia sui contenuti da rendere accessibili.


Farsi compagnia tra famiglie: è molto importante rompere il proprio isolamento e avere l’opportunità di confrontarsi con altre famiglie. Essere in rete con altri genitori aiuta di sicuro a non sentirsi da soli di fronte alle sfide educative, aiuta a minimizzare le paure eccessive e ad inquadrare i rischi effettivi. In questo caso le potenzialità virtuose dell’ibridazione digitale sono ancora più evidenti: si può fare rete tra famiglie perché ci si incontra all’uscita di scuola, o nei giardini pubblici del quartiere, ma questa stessa rete di relazioni faccia-a-faccia può essere ulteriormente rinforzata sulla Rete digitale, con gruppi sui social. Esemplare in questo ambito l’esperienza delle social street, che connettono sul web le persone di una stessa strada o quartiere, rafforzando le comunicazioni, i legami, la circolazione delle informazioni, le possibilità di mobilitazione, ecc.

Informarsi, imparare, discernere, e soprattutto non arrendersi: ogni persona (e non solo i genitori) deve accettare queste sfide attraverso una maggiore conoscenza degli strumenti e dei fenomeni, ricercando nuove informazioni, affacciandosi anche su cosa consumano i propri figli, facendo lo sforzo di praticare gli strumenti e gli ambienti digitali che loro conoscono, usano ed abitano. Serve maggiore consapevolezza, maggiore riflessività, maggiore discernimento, inteso come capacità di giudizio nel merito. In altre parole: tocca agli adulti il compito di non arrendersi, cioè non farsi chiudere fuori dalla porta delle stanze (reali e digitali) dei propri figli. Provare a parlare, chiedere, provare a navigare insieme, e se si viene respinti, provare ancora. Il mondo della rete non è “virtuale”, è un mondo reale, e quindi bisogna abitarlo.




LAB.1 Io e te sull’isola che non c’è # adulti fuori!” di S. Sinigaglia e A. Siccardi

Lab.1: “Io e te sull’isola che non c’è # adulti fuori!”
Stefania Sinigaglia-Arianna Siccardi

Nell’introduzione teorica la presidente ha evidenziato le radici sociali del fenomeno dell’adultescenza nella coppia e di come si manifesti su due livelli: il primo nella prolungata adolescenza che si protrae ben oltre l’età a cui eravamo abituati di collocarla, rimandando la presa di responsabilità adulte all’infinito. La mancanza di “riti di passaggio” chiari e significativi ha determinato in gran parte questo fenomeno.
La seconda, definita come “adultescenza di ritorno”, che sembra affliggere persone più che adulte (dai cinquant’anni in su), che affrontano le crisi e i cambiamenti della vita con comportamenti immaturi ed emotivamente reattivi in modo eccessivo, caratteristiche tipiche dell’età adolescenziale.
E’ stato evidenziato come l’uso dei social ha determinato e provocato una generale difficoltà a relazionarsi in modo responsabile e il mezzo virtuale, ha reso possibile un alleggerimento delle conseguenze che una relazione reale comporta (svelarsi all’altro per come si è, leggere i suoi comportamenti in modo complessivo, sperimentarsi nella relazione in modo diretto e affrontarne le conseguenze).



Abbiamo proposto al gruppo un questionario di autoascolto, per aiutare i partecipanti a capire quali sono i bisogni dietro ai comportamenti descritti, dato che il nostro compito di Consulenti non è giudicare, ma è osservare un fenomeno, ascoltare il Cliente che ci chiede aiuto perché soffre nel manifestare quel comportamento non funzionale alla fase di vita che attraversa, per aiutarlo a riattivare le sue risorse interne e scegliere per sé con maggiore consapevolezza.


Casella di testo: AICCEF BOLOGNA 20 ott 2019   
Laboratorio 1   SCHEDA DI AUTOASCOLTO 
A quanti social e/o chat, gruppi whatsapp  sei iscritto?



Utilizzi i social solo per scambi di lavoro o anche per comunicazioni private?


Quanto tempo al giorno dedichi a social e altre modalità  multimediali?



Come ti senti quando sei connesso con amici e colleghi?



Senti il bisogno di ridurre
l’utilizzo di fb,  chat , whatsapp, ecc.?






In precedenza hai avuto modo  di confrontarti con il fenomeno
dell’adultescenza ?






In consulenza ti sono capitati casi di adultescenza? Con quale frequenza?



Su quali aspetti hai lavorato  nello specifico ?










Abbiamo formato quattro sottogruppi che hanno lavorato con l’osservazione di una simulata, su un caso di una Cliente di cinquant’anni, che portava una difficoltà relativa a incapacità di stabilità sentimentale e un uso di comunicazione virtuale che ne aggravava i comportamenti.

Le conclusioni sono state ricche di spunti per il nostro lavoro di Consulenti:

1)   Ascolto e accoglienza non giudicante (non confrontare il Cliente sui propri comportamenti anche se ci appaiono evidentemente disfunzionali)
2)   Fare “luce” sulle risorse della persona/Cliente, personalizzando l’intervento attraverso la riformulazione
3)   Aiutare il Cliente facendo da specchio, a trovare altre alternative di scelta, più adulte basate sulle esperienze di vita reali
4)   Avere la mente aperta al nuovo e mantenere la curiosità di apprendere e capire, senza voler applicare i propri valori al Cliente.
La sintesi finale dei partecipanti è stata una riflessione, che come sempre la risonanza del lavoro di gruppo ha amplificato, sulla necessità dello scambio tra Consulenti per accrescere gli strumenti metodologici a partire dallo stimolo del confronto.


Laboratorio 2 . Amò, filiamo dalla discoteca, ho visto mà e pà, di Margiotta e Rossi


Con il termine adultescenza si intende lo stile di vita di chi, ormai entrato nell’età adulta continua ad avere un comportamento non “adeguato” alla propria età e al proprio ruolo, nel nostro caso al ruolo genitoriale. A parer mio, parere supportato da studi, letture pedagogiche e lavoro sul campo, l’adultescenza è una condizione che ha come origine i necessari e mancati passaggi personali dei tre livelli bio-psico-sociali. L’adolescente infatti  per passare ad un’età adulta ha bisogno di armonizzare e integrare i tre livelli di trasformazione personale: quello biologico, quello psicologico e quello sociale. La mancata elaborazione e integrazione di questi tre livelli e la mancata esperienza di trasformazione individuale all’interno della propria comunità sociale, necessaria per vivere l’età adulta, nega il cambiamento e non favorisce i comportamenti adeguati e congrui all’età che si vive.
L’integrazione dell’aspetto razionale va necessariamente coniugato con quello biologico e affettivo per vivere il passaggio in modo consapevole e soddisfacente. Soma, psiche e polis, forniscono la materia con cui ogni uomo costruisce la sua vita. La consapevolezza delle dinamiche biologiche, psicologiche e sociali, costituiscono la base di ogni serio lavoro educativo che prevede un lavoro di cooperazione in tutti i contesti e con tutte le figure di riferimento adulte, perché la condotta umana è da leggere sempre in funzione della persona e dell’ambiente che ci circonda. I processi di maturazione e apprendimento danno luogo a continui mutamenti che sono il risultato della fusione di fattori personali e fattori ambientali.
 E’ evidente che lo scenario economico, politico, sociale (famiglia, scuola, istituzioni…) non ha facilitato né garantito un’integrazione armonica dei tre livelli, al contrario li ha minati e osteggiati proponendo sempre stimoli fondati sull’immediatezza del successo identificata in una fittizia soggettività e visibilità. Visibilità che i ragazzi e gli adultescenti oggi ricercano attraverso l’uso spasmodico di tutti i possibili media.Il loro utilizzo è irrinunciabile perché attraverso questo le persone si sentono forti e uniche, vivendo l’ingannevole e fuorviante realizzazione della loro creatività. L’uso degli strumenti digitali favorisce certamente il vissuto emotivo, ma allontana dai legami sentimentali che hanno bisogno di tempo, di cura, di amore e di vicinanza. Ciascuno di noi ha bisogno e desiderio di incontrare l’altro per essere riconosciuto e per riconoscerlo nella sua differenza reale, non per costringerlo al proprio potere, cosa che spesso avviene in maniera subdola all’interno di gruppi che interagiscono sui social.

 Non è assolutamente mia intenzione demonizzare l’uso degli strumenti tecnologici, di cui riconosco utilità e necessità, voglio solo esprimere una visione della persona che non può pienamente realizzarsi nella sfera dei concetti o dell’interazione virtuale. Noi siamo e dobbiamo rimanere “persone”. La nostra” parte “ e il nostro impegno consiste nel far risuonare la viva parola umana nel mondo che si fa sempre più astratto. L’individuo reclama la propria soggettività e unicità, e per realizzarla ha bisogno di scambi autentici, di figure autorevoli, di genitori e insegnanti che lascino andare la loro adolescenza e indossino finalmente il vestito dell’adulto, correndo il “rischio bellissimo” di essere esempio e guida.     P.M.

           CASO LABORATORIO GENITORI-FIGLI   

                                                           (ADULTESCENZA) 

Circa un anno fa è arrivata in consultorio, al servizio GES ( genitori oltre la separazione) una coppia di genitori separati. La coppia è formata da Mirko, anni 45, ed Erica anni 40. La loro richiesta, anche espressa in modo confuso, è di essere aiutati a risolvere e gestire al meglio una situazione che si è venuta a creare con la loro figlia Ambra di 18 anni appena compiuti.
In realtà è proprio Ambra ad invitare i genitori a rivolgersi ad un consulente familiare perché lei stessa da circa tre mesi sta facendo una consulenza personale.
Mirko e Ambra raccontano la loro storia. Si sono sposati all’età di 26 anni lui e di 21 lei che aspettava già la bambina. Il loro benessere matrimoniale è durato circa 12-13 anni, poi tutti e due a detta di entrambi hanno cominciato a sentire “stretto” e “limitante” il loro rapporto, soprattutto quando Erica ha raggiunto una sua autonomia personale, trovando lavoro come educatrice in un asilo nido. La separazione che ne è seguita non è stata eccessivamente conflittuale, anche se ci sono stati momenti di forte tensione quando Erica ha scoperto di una breve relazione avuta dal marito due anni prima con una sua vecchia amica. Di comune accordo hanno deciso di mettere fine al loro rapporto di convivenza, ma altro motivo di dissenso della moglie è stata la decisione di Ambra, di circa 12 anni, di voler continuare a vivere con il papà nella casa della nonna paterna, dove si sarebbero trasferiti dopo la separazione. Ambra era molto legata al papà e alla nonna.
Questa decisione ha fatto soffrire Erica. Tuttavia dopo vari tentativi, andati male, di convincere la figlia a trasferirsi con lei ha lasciato che Ambra vivesse con il padre. Tutti e due i genitori hanno rispettato per un buon periodo il provvedimento dell’affido congiunto stabilito dal tribunale dei minori. Le cose fra alti e bassi sono andate abbastanza bene, fino alla morte della nonna paterna avvenuta circa tre anni dopo e della quale Ambra ha sofferto molto. La ragazza per qualche tempo si è trasferita dalla mamma (3 mesi), per ritornare poi con il papà al quale riconosce maggiore gioiosità e tolleranza, e dove inoltre fruisce di un beneficio economico che le consente di vivere in maniera agiata grazie alla piccola azienda di cui il padre è titolare.
Ambra esce spesso con le sue amiche e non ha da parte del papà grandi restrizioni di tempo né divieti particolari. La mamma di questo ne è al corrente ma non è d’accordo e ci sono quindi continue liti fra i tre. Ambra contesta alla mamma che lei si è rifatta una vita con un compagno che non le piace, trasferendosi addirittura in un’altra cittadina allontanandosi da lei. Secondo la narrazione della coppia l’episodio scatenante in tutti i sensi avviene in una sera di sabato quando Ambra, da poco diciottenne, dice al padre che andrà in discoteca e chiede di essere ripresa da questo verso le 2.30 (né lei né le sue amiche hanno la patente). A tale richiesta il padre “s’infuria” (narrazione della mamma davanti al padre che non nega) dicendo che alle 2.30 è troppo presto “e che tu mi vuoi rovinare la serata con i miei amici? Ti vengo a prendere alla 5.00”. La ragazza si impunta dicendo che le sue amiche devono andare via al massimo a quell’ora e che nessuno le può andare a prendere. Inizia così una discussione con il padre il quale arrabbiato le urla di chiamare la madre. Ambra chiude la discussione in maniera brusca. La sera chiama la mamma che non le risponde al cellulare. Solo dopo molto tempo richiama la figlia per sentire cosa voleva e, alla richiesta di Ambra di essere ripresa in discoteca le risponde in maniera asciutta che lei ha una festa di compleanno di una sua cara amica e non può andare a prenderla. Ambra si arrabbia molto, chiude il telefono, e la serata finisce che lei e le sue amiche aspettano le 5.30 del mattino, momento in cui Mirko va a prendere la figlia in discoteca. La ragazza nei giorni seguenti è confusa e arrabbiata con tutti e due i genitori, che a loro volta litigano fra loro rivendicando diritti e doveri di ognuno. Dopo un periodo di tensione durato qualche mese Ambra si trasferisce a Roma da una sua amica e inizia a lavorare in un locale. Intanto conosce il consultorio “La famiglia” di Roma al quale si rivolge per una consulenza, e dopo poco invita i suoi genitori ad andare anch’essi in consulenza da un’altra consulente (credo su suggerimento della consulente della ragazza).
I due accettano (soprattutto con l’idea di riportare la ragazza a casa) e si presentano in consulenza con una richiesta confusa e senza nessun obiettivo preciso da raggiungere. Vogliono solo sapere dalla consulente chi ha ragione. Ognuno dei due nel proprio narrare inveisce contro l’altro accusandosi reciprocamente di essere incoscienti e di comportarsi in modo irresponsabile e poco rispettoso verso le esigenze dell’altro, ma non parlano mai del benessere di Ambra.

                                    IPOTESI DI CONSULENZA (SINTESI)

Ascolto attivo – Imparare ad ascoltarsi e capire i bisogni dell’altro
Identificare un obiettivo comune che comprenda anche il bene di Ambra
Identificare con quale stadio del GAB (Genitore-Adulto-Bambino) parlano e interagiscono
Capire in quale fase della vita sono bloccati e quale livello Bio-Psico-Sociale non hanno elaborato, superato e integrato
Lavorare su una genitorialità positiva agita sul recupero della loro parte adulta
Invio di entrambi ad una consulenza personale per facilitare e abbreviare i tempi di lavoro nella consulenza di coppia
Continuare nel servizio GES a lavorare e monitorare la loro coppia genitoriale.



CASO LABORATORIO GENITORI FIGLI (RAFFAELLO)

Coppia si presenta al Centro di consulenza dichiarando problemi di comunicazione.
Pietro, 39 anni, è rappresentante di una ditta dolciaria e Laura, 46, impiegata.
Hanno due figli: Mirco di 17 anni e Monica, di 15.
Laura sostiene che Pietro si disinteressa ai figli e non segue la loro vita, in particolare sulle chat, ragione per cui non è informato dei loro bisogni e dei loro impegni, scolastici, sportivi e di altro tipo.
Torna tardi dal lavoro e si chiude in camera a giocare col pc. A laura sembra di avere 3 figli e non due.
Pietro afferma di rifugiarsi nei giochi col pc per sgombrare la testa dopo le tensioni del lavoro, e di rimanere lì in quanto è stanco ed esasperato dalla dipendenza da whatsapp della moglie che è sempre connessa e in inutili chiacchiere e pettegolezzi. Ritiene che le chat siano inutili e che montino problemi inesistenti. Secondo lui la moglie sembra a sua volta una adolescente e chatta con le amiche della figlia e con i genitori dei compagni di scuola del figlio in continuazione, volendo poi commentare tutte quelle sciocchezze quando potrebbero stare in pace insieme, a tavola, la sera, o quando uscivano (ragione per cui lui ha smesso di fare uscite con la moglie, affermando che tanto lei stava tutto il tempo a consultare il cellulare e gli rispondeva a mono sillabi).
Il focus che portano, come effetto dei loro problemi comunicativi, è l’inaspettata bocciatura del figlio.
Il padre si è molto arrabbiato, la madre, dopo una consultazione via chat con altri genitori, ha affermato di voler fare ricorso in quanto il figlio è stato bersaglio di ingiustizie da parte di alcuni professori.
Il padre si è detto contrario e vorrebbe mandare il figlio a lavorare per un anno, così capisce cosa vuol dire fare fatica e si prende le sue responsabilità
Il figlio chiede di essere sentito e racconta piangendo che ai genitori non frega niente di lui, che pensano solo a se stessi: papà al lavoro, allo sport e ai giochi col pc; la mamma si impiccia troppo, ma sempre di cose sbagliate. Ha voluto che non fosse più amico di un suo compagno in quanto lei aveva litigato con la madre del compagno via chat e l’aveva “cancellata”. Quando sono andati in gita con la scuola la mamma è venuta, ma sembrava più alunna lei degli alunni: rideva e scherzava con altre due mamme e hanno fatto le sciocche tutto il tempo, senza aiutare…
Il padre risponde che lui fatica tante ore e permette un buon tenore di vita alla famiglia, che quindi è normale che sia stanco e che nei giochi al pc o nell’andare in palestra non vede nulla di male, non tolgono nulla ai figli. La mamma afferma che il rispetto è importante e che quella mamma le aveva mancato di rispetto mettendo in giro pettegolezzi su di lei via chat e che era giusto tagliare i rapporti con tutta la famiglia. Sulla gita dice che era un momento di svago anche per lei, non solo per i figli, quindi era giusto che la prendesse con leggerezza e che pensasse a divertirsi, essendo una bella occasione per stare con le due amiche (“oh, ma esisto anche io, eh! Non è che devo annullarmi per voi!”)


RIFLESSIONI DLE GRUPPO SUL CASO:

Possibili aree di lavoro in consulenza e modalità di approccio

                                                                       

Laboratorio 3. Adultescenti alla carica. Quale futuro ci aspetta. di A. Feretti e C. Monti



Come vivono le loro giornate gli “adultescenti”, che si rivolgono a noi in consulenza? Come possiamo aiutarli a evitare di rispondere in modo istintivo, copionale  e ripetitivo agli stimoli e ai bisogni nei quali si imbattono? Come possiamo accompagnarli alla scoperta di questo improvviso bisogno di apparire più giovani, più in forma, più interessanti, più affascinanti, più?
 Lo strumento che hanno cercato di approfondire nel laboratorio p. Alfredo Feretti, la dott.ssa Claudia Monti e la Consulente Familiare Cecilia Falcetti della Giornata Aiccef di Bologna dello scorso 20 ottobre, è stato quello della sincronizzazione, della capacità cioè di analizzare la situazione che si sta vivendo, con le sensazioni, le opinioni e i sentimenti che ne derivano, per poterla poi collocare in una delle quattro rispettive zone di vita: pubblica, sociale, personale e intima. Attraverso due appositi questionari tratti dal libro di Richard Corriere e Patrick M. McGrady (1986), Sincronizzare la personalità – Autoconsapevolezza e crescita interiore – Ed. Erickson,  i partecipanti al laboratorio, sono stati prima invitati ad analizzare ed individuare la zona relativa ad alcune comuni situazioni di vita e poi a riflettere sulle immagini di se stessi che utilizzano in ogni singola zona. Partendo dalla proiezione del corto “What’s on your mind” (A cosa stai pensando) del regista Shaun Higton, ci si è potuti confrontare sui bisogni che spingono i nostri clienti, e spesso, anche noi stessi, a raccontarsi e a raccontare, attraverso l’uso dei social, delle realtà filtrate che nascondono i reali bisogni e comunicano agli altri immagini a volte molto diverse dalla realtà effettiva. Il laboratorio ha permesso di prendere in considerazione la sincronizzazione come un aiuto e uno strumento in più per  l’accompagnamento del cliente adultescente nell’individuazione e nel riconoscimento dei suoi bisogni, agevolando la possibilità di accrescere la consapevolezza dei ruoli o delle parti che riveste nella vita, così da favorire il processo che potrà portarlo a pensare ed agire scelte più consapevoli, finalizzate a soddisfare i suoi reali bisogni.
 Questa nuova  consapevolezza potrà permettere ai clienti la creazione di immagini efficaci, in linea e in accordo con il loro vero Sé e di conseguenza offrire loro la possibilità, di essere capaci di inviare e ricevere segnali adeguati al momento presente, che gli permettano di vivere in modo funzionale, la situazione nella quale si trovano. In estrema sintesi, quindi, il laboratorio ha permesso ai partecipanti di iniziare a comprendere in modo concreto, vivace ed interattivo, cosa significhi essere in sincronia, così da poter comprendere e accompagnare in modo più efficace il cliente adultescente che a loro si potrà rivolgere.
Bibliografia e Citazioni: Richard Corriere e Patrick M. McGrady (1986), Sincronizzare la personalità – Autoconsapevolezza e crescita interiore – Ed. Erickson
                                       QUESTIONARIO DELLE IMMAGINI
(Tratto da pag. 179: Richard Corriere e Patrick M. McGrady (1986), Sincronizzare la personalità – Autoconsapevolezza e crescita interiore – Ed. Erickson) Di seguito elenchiamo alcune delle immagini più comuni che vengono utilizzate nelle quattro zone. Metti una crocetta a quelle che usi in ogni singola zona; è possibile che tu usi una stessa immagine anche in tutte e quattro le zone di vita. Una cosa importantissima da ricordare è che le immagini di per sé non sono né buone né cattive, né positive, né negative: possono solo esserti utili o inutili.
ZONE
IMMAGINI
PUBBLICA
SOCIALE
PERSONALE
        INTIMA
Idealista




Vittima




Negativo




Polemico




Critico




Bambino




Genitore




Onnisciente




Pauroso




Perso




Perdente




Persona VIP




Simpatico




Mattacchione




Extraterrestre




Positivo




Energico




Atleta




Comunicare




Ascoltatore




Audace




Responsabile




Amico




Inetto




Macho




Efficiente




Entusiasta




Lavoratore




Vincente




Esibizionista




Stupido




Mediocre




Perfezionista




Spaccone




Inferiore




Seduttivo




Professione




Vulnerabile




Sensibile




Generoso




Riflessivo




Aperto





Ora passa nuovamente in rassegna l’elenco e segna un’immagine che vorresti cambiare per ciascuna delle quattro zone. Scrivile qui sotto:

Le immagini che vorrei cambiare
Immagine della zona pubblica ______________________________________________________________
Immagine della zona sociale ________________________________________________________________
Immagine della zona personale______________________________________________________________
Immagine della zona intima ________________________________________________________________




QUESTIONARIO DELLE QUATTRO ZONE
(Tratto da pag. 97: Richard Corriere e Patrick M. McGrady (1986), Sincronizzare la personalità – Autoconsapevolezza e crescita interiore – Ed. Erickson)
Per ciascuna delle seguenti situazioni indica PU quando si tratta di una zona PUBBLICA, S quando si tratta di una zona SOCIALE, PE quando si tratta di una zona PERSONALE e I quando è una zona INTIMA
1.     Sei nella hall di un albergo.                                                                                
2.     Sei a casa di un tuo caro amico e gli stai parlando delle
tue difficoltà.                                                                                                        
3.     Stai guidando in autostrada.                                                                               
4.     Stai guardando una partita di tennis.                                                                   
5.     Stai giocando una partita di tennis.                                                                               
6.     Sei nel soggiorno di casa tua e stai guardando una partita
di tennis alla televisione con la tua famiglia.                                                 
7.     Stai ascoltando un dibattito politico.                                                                     
8.     Sei a un concerto con un uomo/donna che ti piace molto.                              
9.     Stai facendo l’amore con una persona che non conosci
e con cui non puoi parlare di te.                                                                 
10. Sei al capezzale di tua madre che sta morendo.                                                   
11. E’ domenica mattina e sei in un parco a fare un giro in bicicletta.                  
12. Sei a cena in un nuovo ristorante con tua moglie/tuo marito
e state parlando del vostro matrimonio.                                                    
13. Sei a cena con un gruppo di amici e state avendo una serata
magnifica.                                                                                                         
14. Sei al lavoro e il tuo capo ti sta facendo una lavata di capo
perché non hai rispettato una scadenza.                                                             
15. Sei al lavoro e un tuo collega ti sta parlando di come si sente
depresso.                                                                                                          
16. Sei alla festa di matrimonio di un tuo parente e tutti si stanno
divertendo moltissimo.                                                                                       
17. Sei a una seduta con il tuo consulente familiare e gli stai rivelando i dettagli
più intimi della tua vita.                                                         
18. Sei a un training group e un partecipante sta piangendo
perché un bambino è stato abusato sessualmente.                                   
19. Stai parlando al telefono con il tuo migliore amico delle tue
speranze e delle tue preoccupazioni.                                                                  
20. Stai facendo l’amore e senti una fortissima ondata di amore
che ti invade e dici: “Ti amo”.                                                                              
21. Mentre cammini per la strada una signora che ti sta passando
accanto cade e ti fermi per aiutarla a risollevarsi: lei piange
e tu cerchi di confortarla.
22. Mentre cammini per la strada un passante inveisce contro di te perché lo hai
urtato.         
23. Sei in un gruppo di meditazione e mediti in silenzio.  
24. Sei in un taxi e discuti animatamente di sport con il tassista.